E' purtroppo recentissima la notizia di un gravissimo incidente con esito tragico avvenuto in Australia nel corso di una prova modiale di MX (oggi il motocrosso lo chiamano con questa sigla asettica) che è costato la vita ad un giovame campione della specialità.
L'accaduto ha subito aperto le discussione sui social in merito al livello di rischio sempre più elevato di queste competizioni, evidenziando, come se ce ne fosse bisogno, il livello ormai esasperato dei circuiti sui quali i piloti si allenano e partecipano alle gare, le esagerate prestazioni dei mezzi utilizzati e l'eccessiva incidenza della competitività indotta anche dai notevoli interessi economici e dagli impegni finanziari che questo sport richiede oggi rispetto al passato.
La prima cosa che balza agli occhi di chi segue da tempo questa specialità fuoristradistica, tanto bella quanto entusiamante, è il cambiamento radicale che è avvenuto sia per quanto riguarda i tracciati in cui praticarla sia relativamente ai mezzi meccanici e allo stile di guida. Oggi il motocross ha perso tutto il fascino e lo stile che lo contraddistingueva tra gli sport motoristici quale specialità molto popolare a cui i giovani, pur con qualche sacrificio, si potevano avvicinare trovando amichevole accoglienza in un ambiente caratterizzato da un forte senso di appartenenza e condivisione, dove non si incontravano avversari ma amici da sfidare agonisticamente.
Poi, a metà degli anni ottanta qualcosa iniziò a cambiare con un nuovo vento che soffiava dagli USA dove vent'anni prima era nato il motocross.
Quello che approdò in Europa in quegli anni era il nuovo cross americano da stadio, come quello che infiammò il Palasport di Genova con il primo Pentax Superbowl che ben poco aveva in comune con il motocross delle origini, ma all'epoca lo si vedeva come una sorta di circo del motocross, dove gli assi di questo sport si sfidavano in manche tiratissime per offrire al pubblico uno spettacolo mozzafiato basato su salti doppi e tripli, su curve paraboliche fatte in velocità, sirpassi e controsorpassi continui, coinvolgendo il pubblico, che gremiva gli spalti delle arene, in un tifo da stadio.
Poi la domenica successiva tutto tornava alla normalità sulle piste "naturali" dove avevamo conosciuto il motocross verace alla fine degli anni 60.
Dopo l'incidente di Parigi occorso al grandissimo campione Danny "Magoo" Chandler (5 ottobre 1959 – 5 maggio 2010) si iniziò a vedere il lato oscuro del motocross-spettacolo americano, ma ormai la miccia era stata accesa ed il processo evolutivo si presentava inarrestabile.
Purtroppo gli emuli delle star a stelle e strisce apparivano sempre più numerosi anche nei campetti di provincia e la cosa più triste fu vedere il lento ma costante adeguamento delle piste classiche alla nuova tendenza yankee. Oggi il pessimo risultato di questo cambiamento lo possiamo vedere ovunque e personalmente posso dire che andare a Sassello per assistere ad una gara di cross d'epoca e vedere la pista dei Giardinetti di Monte Gippon priva del salitone della partenza, con tutte le altre modifiche apportate che l'hanno stravolta, è stata una tristissima esperienza.
Sono sincero quando dico che, pur essendo un grande appassionato di cross e fuoristrada in genere, non riesco ad entusiasmarmi guardando una gara di motocross attuale e se è trasmessa in tv mi assopisco.
