Ieri ho seguito il GP di
Lombardia prova valida per il campionato mondiale di motocross. Al di la della
mancanza del nostro Tonino Cairoli infortunato, che avrebbe comunque offerto
maggiore risalto alla manifestazione, non ho potuto far altro che constatare
che il motocross sta perdendo il suo fascino anche per chi come me dall'età di
7 anni (era il lontano 1969) coltiva una esagerata passione per il motocross e
tutte le altre discipline del fuoristrada a due ruote.
Questo bellissimo sport, nato
negli anni trenta negli States con le prime gare note come
"scrambles", è iniziato a livello pionieristico e si è via via
evoluto raggiungendo il suo livello migliore tra gli anni 70 e 80. Purtroppo da
quel periodo in poi la tecnologia è entrata prepotentemente nel settore del
fuoristrada motociclistico ed ha annullato velocemente quello spirito
avventuriero che da sempre contraddistingueva chi lo amava e lo praticava. Sono
finiti in un attimo tutti quei personaggi che conferivano al motocross, ma
anche al trial e alla regolarità il vero valore aggiunto. Mi riferisco a tutti
quegli artigiani, preparatori e piccoli produttori di accessori e moto che
soprattutto in Itala popolavano e avvaloravano la scena.
Oggi le moto sono quelle prodotte
dai colossi giapponesi e da poche aziende Europee che sfornano mezzi perfetti
sotto il profilo meccanico e tecnico ma privi di "identità", ovvero
di quei "difetti" spesso macroscopici che anche i meno esperti
potevano "apprezzare" e che rappresentavano lo stimolo per gli
artigiani del settore a ricercare possibili soluzioni. Ecco allora che sui
campi di gara si potevano scoprire prototipi che presentavano modifiche
evidenti che i piloti ufficiali provavano direttamente in pista per la prima
volta.
Oggi non si vedono più tutte
quelle moto artigianali o prodotte da piccoli costruttori che hanno fatto la
storia del cross, quando andavi a vedere la gara di cross e non ti fregava
niente della suzuki, della kawasaki o della yamaha ma ti affannavi a girare il
parco chiuso per poter osservare da vicino le moto "vere", quelle
fatte dagli uomini, le Gori, le Ancillotti, le AIM, le Aspes, le Beta, le
Montesa, le Bultaco, le Fantic, le maico, le Kramer, le SWM, le Aprilia, le
Ossa, le Gilera, le Barbiero, le Accossato, le Muller, le DKW, le Simonini, le
TGM, le Villa, le Transama, le Zundapp, le Maer, le Mav, le Puch, le Tecnomoto,
le Intramotor Gloria, le CZ, le Fabrizio, le Verona, le Bombaci, le GKD, le
Gerosa, le Mazzilli e altre ancora.
Questa è la differenza tra il
cross vero e quello attuale: nulla da eccepire sulla preparazione atletica e
sul livello tecnico dei piloti e sull'alto contenuto tecnologico delle
motociclette, ma lo spettacolo non è più lo stesso di ieri e l'entusiasmo con
cui si seguono le corse è lo stesso che si può manifestare per un videogioco.
Proprio così perché l'invadenza della tecnologia e i cambiamenti imposti dalla
perfezione generata dell'elettronica, che ormai ha contagiato tutto e tutti, hanno
reso le corse di motocross troppo frenetiche, costrette a svolgersi in circuiti
disegnati dal computer con salti smisurati e soprattutto a fare i conti con
velocità elevate che non lasciano spazio allo spirito spartano e avventuriero
che dovrebbe essere la caratteristica di base del motocrossista.
La conferma di ciò la troviamo
nella riduzione della durata delle manche che sono state ridotte dai 40 minuti
più 2 giri del vecchio regolamento agli attuali 30 minuti più 2 giri e
nell'eliminazione delle cilindrate minori che rappresentavano comunque
differenti modi di interpretare la stessa pista, con rumori (oggi purtroppo il
quattrotempi è un vero tormento per le orecchie e fa tanto rimpiangere la
musica sublime delle vecchie espansioni montate sui 2 tempi), moto e stili di
guida completamente differenti tra loro. Questo faceva si che lo spettatore che
assisteva ad una manifestazione motocrossistica (ma la situazione era identica
anche nelle altre specialità fuoristradistiche) poteva osservare spettacoli
differenti tra loro in tutto e per tutto a naturale beneficio del divertimento
e della soddisfazione.
Credo che come per molti altri
aspetti della nostra attualità sarebbe opportuno fare un piccolo passo indietro
e riportare le cose ai giusti ritmi che la nostra natura umana suggerisce continuamente
con segnali inequivocabili: quanti vantaggi ne trarremmo tutti, sotto tutti i
punti di vista.