La storia del Trial, in equilibrio tra realtà e fantasia
di Fausto Piombo
Che io sappia non si hanno
dettagli precisi che consentano di attribuire una data alla nascita della più nobile tra le specialità del motociclismo
off road, ma si considera che questa specialità che più delle altre profuma di nobiltà sia nata da una sfida tra
tre gentiluomini di Edimburgo nel primo decennio del secolo scorso.
Mi piace immaginare questi tre gentlemen
scozzesi appoggiati al bancone di uno dei tanti pub di Edimburgo, di fronte ad
un boccale di ottima birra, sprecare a turno lodi nei confronti delle
rispettive motociclette parcheggiate in bella mostra fuori dal locale.
Li immagino animare
progressivamente la discussione fino a lanciare per scommessa, una sfida in cui confrontare
l’affidabilità dei rispettivi motoveicoli su percorsi accidentati e l’abilità
di ciascuno di loro nel condurli al traguardo ed anche la capacità di ripararle in caso di guasti
imprevisti.
Considerando che un vero
anglosassone difficilmente si sottrae ad una scommessa, penso che il passaggio
dalle parole ai fatti potesse essere veramente breve. Con la precisione che
contraddistingue i britannici li immagino discutere intensamente per stilare le
regole del gioco, compreso il comportamento dei concorrenti che dovevano essere
fortemente determinati ma estremamente “britannicamente” corretti.
Vedo anche il luogo in cui si
sarebbe svolto il confronto, un percorso lungo e aspro, disseminato da ostacoli
naturali superabili, non senza difficoltà, dalle motociclette dell’epoca che
certo non erano state progettate per il fuoristrada.
Mi diverte pensare alla soddisfazione dei
partecipanti al termine della sfida, tanto da decidere di ripeterla in altre occasioni,
modificando le regole di volta in volta, finché, per davvero, nel 1914 decisero di aggiornare ulteriormente
il regolamento e di organizzare una vera e propria gara aperta a chiunque
volesse partecipare.
La prima gara si svolse nell’incantevole brughiera inglese dove fu allestito un percorso lungo una trentina
di Km, all’interno del quale vennero definite zone no-stop che dovevano essere
percorse senza penalità. Era nato quello che diventerà il trial che tutti
ancora oggi conosciamo.
Da quel momento in poi si innescò
un processo inarrestabile che coinvolse i mezzi con lo sviluppo tecnico rivolto
all’adozione di soluzioni utili alla riduzione del peso dei mezzi, all’aumento
dell’altezza della culla del rispettivo telaio dal suolo, alle sospensioni
sempre più efficienti, a pneumatici capaci di aderire al suolo e alle superfici
viscide, a motori sempre più piccoli e leggeri e al contempo docili ma potenti.
La sfida al superamento di ostacoli sempre più impegnativi riguardò anche i
piloti, i quali dovettero adeguare continuamente il proprio stile e la tecnica
di guida alla continua trasformazione delle motociclette.
In breve tempo, dopo la fine
della Seconda Guerra Mondiale si passò dall’utilizzo di motociclette di serie
modificate all’impiego di prototipi allestiti da blasonati costruttori inglesi,
quali Ariel, Norton, AJS, Matchless, Triumph, BSA, Greeves e altre, fino a
giungere nei primi anni 50 alla costruzione di veicoli progettati
appositamente per questa affascinante disciplina motoristica, prodotti in serie
per soddisfare la richiesta dei sempre più numerosi appassionati praticanti
questo sport, in cui il connubio uomo macchina divenne sempre più importante.
Il primo Campionato Mondiale di Trial fu organizzato
nel 1975 e, in
quell'edizione inaugurale, la prova italiana fu disputata in Piemonte nel
comprensorio del Monte Vandalino nel locale tracciato specifico per il trial.
Si trattava di un tracciato naturale articolato su 20 zone e vi si disputò la
prima prova italiana in assoluto del
campionato mondiale vinta dal grande Martin Lampkin, che si aggiudicò anche il
titolo finale di Campione del mondo.
Lavori in corso....