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Accossato
L’attività del Gruppo ACCOSSATO si divide tra il codesign per la realizzazione dei prodotti e della messa in produzione di particolari in serie con le più importanti case costruttrici nazionali ed internazionali, soprattutto per il settore moto ma anche da qualche anno per altri settori industriali quali ad esempio il design; e la progettazione e realizzazione della propria gamma prodotti con il marchio ACCOSSATO che viene distribuita in ambito nazionale con una rete di rappresentanti ed internazionale con distributori.
Il prodotto più rappresentativo è la pompa freno ACCOSSATO disponibile in oltre 200 modelli che con la pinza freno costituiscono l’impianto frenante ACCOSSATO già utilizzato in molte competizioni sportive.
Aim
marchio come la partecipazione ai Rally Africani e nel mondo del motociclismo su pista.
Aspes
Barbiero
Benelli
La storia della Benelli, con i 6 fratelli, figli della vedova Teresa Boni Benelli, che nel 1911 danno vita ad un’officina meccanica per la riparazione di motocicli all’interno di un vecchio fabbricato rurale, ricorda molto quella della Harley Davidson.
Guarda le fantistiche Benelli cross degli anni '80 e '90
Beta
All’alba del ventesimo secolo, nel lontano 1905, quando il signor Giuseppe Bianchi, meccanico ciclista fiorentino, aprì per la prima volta i battenti della sua attività di riparazione di biciclette non immaginava certamente quali risultati avrebbe raggiunto con il suo lavoro e la sua passione.
Bianchi
BM Moto
Bombaci
Il nostro percorso tra gli italiani che, con il loro lavoro, con grandi capacità, tenacia e molto spesso spirito pionieristico, hanno dato lustro al settore della meccanica nazionale, è appena iniziato e già alla lettera “B” troviamo il nome di un artigiano illustre su cui ci dobbiamo soffermare.
Si tratta di un piccolo costruttore emiliano che, pur non avendo aggredito il mercato con quei “numeri” che purtroppo oggi da soli decretano la vita o la morte di un’azienda, ha inciso nella roccia un pezzo indiscutibile, ancora oggi più attuale che mai, del motocross italiano nelle categorie 50 cc e 80 cc.
Il nome è Claudio Bombaci e la sua storia di fatto rappresenta la graduale trasformazione della passione per il fuoristrada di un adolescente che negli anni 70 ha un sogno, ma non dispone di adeguate risorse per realizzarlo e con sacrificio si avventura in un’attività artigianale, realizzata volutamente a costi contenuti.
L’attività costruttiva della Bombaci inizia “ufficialmente” nel 1978, quando al
giovane pilota esordiente Alberto Gatti amico del costruttore, viene affidata una
motocicletta realizzata in unico esemplare (in questi casi si parla di “special”)
che portandola in pista compie l’importante passo del “battesimo del fuoco”. E’
il salto della rete, per il protagonista del nostro racconto: da appassionato a
partecipante.
Il momento tanto atteso non deve rimanere isolato e per dare continuità
all’avventura il giovane Bombaci deve cercare altri amici desiderosi di
condividere fatiche e speranze; non più una sola special, ma una serie di 10
culle piegate (la culla è, tecnicamente, la parte più bassa del telaio di una
moto sulla quale è alloggiato il motore), pronte per essere impiegate nella
preparazione di un telaio diverso a seconda delle esigenze.
In quel contesto, per il giovane imprenditore meccanico, fu inevitabile il pellegrinaggio presso i fornitori quegli aiuti, oggi impensabili, che all’epoca non mancarono, così come la disponibilità di laboratori e attrezzerie per la realizzazione di stampi e componenti specifiche essenziali, plastiche, serbatoi, selle e tutto quanto era necessario per realizzare il progetto.
In questa fase iniziale, più che di moto prodotte e vendute, si poté parlare di
“kit di montaggio” che consentirono a diversi amici e al contempo clienti di assemblare
la loro Bombaci 50 “su misura” con cui ritrovarsi tutti insieme nel tempio del
motocross dei “cinquantini” di Molinella nell’hinterland bolognese.
Superato il periodo di prova arrivò il primo Motor Show, l’appuntamento clou
del motorismo italiano di quegli anni, che aprì nuovi orizzonti e infuse nuove
speranze per il neonato marchio motociclistico.
Nonostante la grande volontà e le sue inconfutabili capacità tecniche, Claudio
Bombaci dovette proseguire, anno dopo anno, con lo stesso metodo, ovvero ricoprire,
con non poche difficoltà, contemporaneamente ruoli diversi quali titolare,
dipendente, operaio in prestito ai fornitori, ma ciò nonostante continuò ad
inseguire il suo sogno.
Bombaci non solo sapeva
progettare ed inventare soluzioni nuove che distinguevano in modo particolare
le sue moto sia sotto il profilo tecnico sia estetico e, sempre attento, seppe
cogliere dalla concorrenza preziosi insegnamenti, che mise in pratica
migliorando continuamente l’efficacia e l’aspetto dei suoi modelli.
Purtroppo, non esistendo le condizioni per poter contare su un reparto corse di un certo livello, in quel contesto non si poté parlare di risultati agonistici rilevanti anche se qualche buon risultato arrivò ugualmente grazie al compianto pilota cadetto Valerio Gherardi. Si tratto però di successi a “corrente alternata”, a causa delle ridotto disponibilità finanziarie per le “prime guide”.
Finalmente il biennio 81 e 82 vide la realizzazione di un mezzo molto
equilibrato, piacevole alla vista e sufficientemente funzionale in pista, e
Valerio Gherardi si distinse sia nel campionato regionale sia in quello
italiano.
Ottime soddisfazioni arrivarono
anche grazie all’impegno dei conduttori salsesi Biasetti e Ferrari, e
dell’abruzzese Mastrilli.
Si trattò di un vero momento assai positivo e di massima diffusione del marchio: l’80% delle moto schierate dietro ai cancelletti di partenza emiliani erano Bombaci, anche grazie ad alcune collaborazioni che il giovane costruttore realizzò con amici-concessionari come Peschiera di Salso e l’abruzzese Pardi, che accettarono di “spingere” il marchio.
L’onda positiva fu però breve, perché la presentazione del nuovo modello ’83
rivelò un eccesso innovativo che non fu
compreso dal mercato di riferimento che, pur essendo di nicchia non fu
all’altezza del momento, costringendo Bombaci a ripiegare in pratica sulla
vendita diretta, interrompendo il sogno della stagione precedente di compiere
il salto di qualità accontentandosi della gestione di una squadra corse
allargata.
Nell’arco di un paio di anni di notevoli sacrifici la situazione si rivelò
paradossale, perché il modello 83 insieme ai successivi 84 e 85 risultò una
delle migliori ciclistiche dell’intero periodo.
Con le nuove moto condotte in pista dai fratelli Ravaglia, due ottimi piloti cresciuti nel “vivaio” Bombaci, i risultati arrivarono sia a livello regionale sia nazionale.
Ma ormai era tardi, le
vendite di “ottantini” (la categoria 50cc venne sostituita dalle nuova cilindra
80cc) da cross in Italia si ridussero di
quasi dieci volte rispetto al 1978, e senza
la possibilità di dedicare consistenti
nuovi investimenti per allestire
anche la produzione
di nuovi modelli
in versione regolarità, che nel
frattempo aveva cambiato nome nell’esotico enduro, divenne mpossibile
programmare il futuro dell’azienda.
Fu in quel contesto che Claudio Bombaci tornò l’appassionato iniziale, e si limitò a seguire per alcuni anni le moto usate da lui vendute e a realizzare alcune versioni ulteriormente migliorate dell’ultimo modello prodotto, l’85.
Purtroppo, pochi anni più tardi, nell’88 il marchio sparì definitivamente dalla
scena: non si segnalarono più partecipazioni di moto Bombaci nelle competizioni
regionali o nazionali.
Il tecnico bolognese in quei 10 anni costruì poco più di 50 moto, 1 esemplare
nel 78, 10 esemplari nel biennio 79-80, 25 esemplari nel biennio 81-82, 15
esemplari nel triennio 83-84-85, a cui vanno aggiunti alcuni prototipi 50-80, e
due 125 uno motorizzato Beta e uno motorizzato TM.
Forse la dote migliore del nostro tecnico fu la perseveranza, la volontà di realizzare
un sogno e viverlo finché fu possibile,
prima che le condizioni proibitive del mercato imponessero scelte differenti;
per cui come ci ha detto Claudio Bombaci in persona, con la tipica simpatia
emiliana “nessun rimpianto, abbiam fatto quello che potevamo, ma ci siamo stati
anche noi”...questo è stato lo slogan sposato fin dall’inizio.
In seguito Bombaci si è
dedicato per alcuni anni alle sospensioni, dopo averle realizzate per i propri
modelli; si è anche specializzato in consulenze
su sospensioni e articolazioni progressive, sia come artigiano che in
seguito come dipendente di aziende di progettazione.
Ora, alla conquistata età di 63 primavere, inevitabilmente, è tornato
a lustrare qualche vecchio Bombaci per riportarlo allo splendore
originale, cercando anche di ritrovare attraverso il suo sito www.bombaci.eu
il maggior numero possibile di attuali
possessori dei 200 modelli prodotti negli anni d’oro del marchio e magari
riunirli virtualmente in una sorta di registro storico.
Va sottolineato che, nonostante siano trascorsi 40 anni dal giorno in cui videro la luce, ancora oggi alcune Bombaci gareggiano sulle piste del campionato nazionale d’epoca ottenendo ottimi risultati come un tempo: i piloti Ruben Zappoli in sella ad una Bombaci 50cc e Mattia Masi su Bombaci 80 cc si sono piazzati al primo posto nelle rispettive categorie del campionato italiano d’epoca.
Ora il tecnico bolognese,
come capita ad un certo punto della vita alla maggior pare degli “adulti maturi”,
torna un po' bambino e prova a realizzare qualche special 50, in modo
rigorosamente non commerciale, tanto per non perdere il vizio...mezzi costruiti
sempre a costi contenuti, poco in linea con l’attuale industrializzazione dei
prodotti circolanti ma sempre idonei alla disciplina sposata, il motocross.
In conclusione possiamo affermare che quella della Bombaci è una storia fatta di passione per il motocross, di grandi sacrifici per contrastare la concorrenza dei grandi costruttori, soprattutto nipponici, che nella logica dei grandi numeri hanno travolto nel recente passato le nostre piccole grandi eccellenze, ma non potranno mai soffocare la smisurata passione, per il motocross e per le piccole cilindrate come nel caso del nostro impareggiabile Claudio Bombaci.
Una nota importante e patriottica: le moto Bombaci nelle cilindrate 50 e 80 cc sono sempre state equipaggiate con i fantastici italianissimi e insuperabili Motori Minarelli.
Bompani
Negli anni settanta i campi di gara non erano certo quelli che possiamo vedere oggi, dove l’ultimo dei dilettanti allo sbaraglio si presenta nel paddock dotato di camper fornito di ogni comfort, moto fiammante, attrezzatura per assistenza meccanica professionale e tenuta da gara impeccabile. Nei campi di cross di quegli anni lo stile era quello dei pionieri di uno sport abbastanza nuovo che giungeva dagli States conservandone lo spirito avventuriero. I piloti raggiungevano i luoghi di gara con ogni mezzo lo consentisse, dal motocarro alla piccola fiat 500 con moto caricata sul portapacchi fissato sul tetto. Le moto dei piloti privati erano spesso vecchie di qualche anno e in qualche caso frutto di modifiche e innesti artigianali di pezzi di marche differenti. Sulle piste non era raro vedere moto inedite e sconosciute, che magari negli anni successivi sarebbero divenute famose, ma questo non fu il caso della Bompani, che fu fotografata sulle piste nel 1977 e 1978, alla quale la rivista specializzata Motocross dedicò un breve articolo corredato di immagini che purtroppo non siamo riusciti a ritrovare. Purtroppo della Bompani abbiamo provato ad eseguire delle ricerche per trovare qualche notizia utile a ricostruirne la storia, ma abbiamo trovato sulla rete un brevissimo riferimento che la vorrebbe tra le moto da cross utilizzate dal pilota Boano, ricordato da tutti in sella alla Beta.
Sarà nostra cura e premura aggiornare la sezione in caso di reperimento di dati certi. Chi avesse notizie, immagini, dati tecnici o altre indicazioni utili ad aggiornare l'archivio può inviarle a fpiombo62@gmail.com
Cabrera
Come per la Bompani anche per il marchio Cabrera non è stato facile reperire notizie e siamo riusciti solo in parte nel nostro intento. Abbiamo infatti scoperto che questo costruttore italiano di moto aveva la sede del suo stabilimento di produzione nelle Marche nel Comune di Acqualagna in via XXIII agosto nell’attuale provincia di Pesaro e Urbino. Per quanto abbiamo potuto apprendere sembra che la Cabrera abbia prodotto alcuni modelli da cross l’ R.C. 125 e il C.R.C. 125 da regolarità. Le moto con caratteristiche all’avanguardia per quegli anni erano belle esteticamente ed equipaggiate con i nuovissimi ed italianissimi motori TAU e vantava alcune soluzioni tecniche brevettate. Non abbiamo altre notizie al momento ma ci impegniamo ad implementare quelle pubblicate qualora venissimo a conoscenza di ulteriori dettagli.
Sarà nostra
cura e premura aggiornare la sezione in caso di reperimento di dati certi.
Chi avesse notizie, immagini, dati tecnici o altre indicazioni utili ad
aggiornare l'archivio può inviarle a fpiombo62@gmail.com
Cagiva
CAGIVA è l’acronimo di Castiglioni Giovanni Varese e per tutti gli appassionati di motociclismo italiani e non solo è qualcosa di più di un semplice marchio, è una parte di quel patrimonio di eccellenze nazionali che vanno difese e ricordate nel tempo. La storia della Cagiva affonda le sue radici proprio all’inizio degli anni 50 nella città di Varese. L’azienda lombarda dopo un periodo durato quasi trent’anni improntato alla produzione di piccole componenti in metallo si affaccia nel vero e proprio mondo del motociclismo agonistico sul finire degli anni 70. Nel 1978 i titolari della Cagiva acquisiscono la AMF Harley Davidson ed avviano la scuderia per le gare di velocità dove schierarono due ottimi piloti italiani, Bonera e Lucchinelli.
Le prime motociclette prodotte nei primi due anni di attività escono dagli stabilimenti marchiate HD-Cagiva ed incontrano subito il consenso del mercato dei giovani dei primi anni 80. Si trattava per la maggior parte di modelli custom comodi e facili da guidare, con brillanti motori 2 tempi dalle prestazioni di tutto rispetto.
Ma per quanto riguarda la Cagiva a ruote tassellate la storia inizia nel 1979 quando la casa lombarda decide di partecipare al Campionato Mondiale di Motocross lanciando il guanto di sfida ai costruttori nipponici che sono incontrastati dominatori della specialità. La giovane moto italiana si dimostra subito all’altezza della situazione e rivela grandi doti tecniche che si possono riassumere in un ottimo telaio molto compatto e dalla maneggevolezza estrema, equipaggiato con un motore che sprizza potenza allo stato pure. Infatti, grazie alle competenze e all’impegno dei costruttori varesini, i risultati non si fanno attendere e già nel campionato 1984 il portacolori della Cagiva, Corrado Maddii si aggiudica il secondo posto nella classifica della classe 125 cc.
Negli anni che seguono le soddisfazioni sono tante e nel 1985 arriva anche la conquista del primo titolo mondiale piloti, con il fuoriclasse Pekka Vekkonen , contestualmente al titolo mondiale Costruttori, e nel 1986 Cagiva ottiene la replica per entrambi i titoli con il pilota Dave Strijbos, infine nel 1987 il costruttore italiano si aggiudica nuovamente il titolo mondiale costruttori. Il 1987 e il 1988 la Cagiva ottiene i suoi primi risultati anche nella quarto di litro sempre con il pilota Pekka Vehkonen, che riesce ad occupare il secondo gradino del podio alla guida di una strabiliante Cagiva WMX 250.
Nel palmares della casa di Schiranna vanno ricordati anche i successi alla Pargi – Dakar.
La casa varesina non ha prodotto solo moto da fuoristrada per il motocross, ma anche mezzi specifici per la pratica della regolarità, l’attuale enduro, compiendo pure un tentativo modesto di entrare nel settore del trial, che proprio negli anni 80 viveva il suo momento clou.
La Cagiva non ha una tradizione produttiva di ciclomotori 50 e 80cc da fuoristrada, come la maggioranza delle altre case costruttrici italiane, e forse questo l’ha tenuta un poco lontana dal cuore dei giovanissimi degli anni 70, ma resta comunque un grande orgoglio nazionale.
Non si possono non elencare le azioni strategiche in campo industriale del marchio lombardo che nel 1985 rileva la maggioranza della Ducati e nasce il Gruppo Cagiva – Ducati, nel 1986 dopo aver fatto entrare nel gruppo l’azienda Svedese Husqvarna e nel 1987 acquista anche la Moto Morini.
Nel 1999 Cagiva entra a far parte del Gruppo MV Agusta Motor S.p.A. che successivamente viene acquisito da Harley – Davidson che nel 2010 rivende tutto al fondatore della Cagiva, Claudio Castiglioni.
Claudio Castiglioni muore a causa di malattia il 17 agosto 2011 e la guida del Marchio passa nelle mani del figlio Giovanni, che l’anno successivo decide di far uscire i modelli a marchio Cagiva dal catalogo, facendo convergere la produzione e la progettazione sul marchio "premium" MV Agusta.
Nel 2019 Giovanni Castiglioni cede al gruppo russo Black Ocean la MV Agusta Motor S.p.A., ma il marchio Cagiva, seppur quiescente come un grande vulcano, resta italiano.