Gli anni settanta segnarono e ancora oggi rappresentano il periodo d’oro per le moto da fuoristrada. Non era tanto una moda da seguire guidati da un riflesso condizionato, quanto piuttosto un fenomeno molto diffuso, una sorta di amalgama tra gli ideali di trasgressione e indipendenza del mito americano di Easy Rider, la voglia di libertà ed il desiderio di conquista di nuovi spazi nel contesto sociale dei giovani dell’epoca, il tutto culminante in una nuova pratica sportiva che aveva un gran sapore di rivincita per chi non faceva parte delle classi che contavano.
Il motocross era quindi uno sport che incarnava valori non comuni ad altre discipline, quali il senso di appartenenza che si traduceva in un vero e proprio stile di vita lontano dai canoni conformisti promossi dalla società di quegli anni, caratterizzato da un velato e positivo concetto di disubbidienza sociale e culturale, tanto che il motocross divenne in quegli anni il tema ricorrente in molti film che lo rappresentavano come un ambiente molto particolare, una linea di confine tra sport e trasgressione.
Da queste premesse risaltano tutte le differenze tra il motocross delle origini e quello attuale, diversità che trovano un riscontro inequivocabile nella comparazione tra una motocicletta d’epoca, specifica per questa specialità, ed una omologa moderna.
La moto da cross attuale è un concentrato di tecnologia e soluzioni frutto di evidenti studi ingegneristici e di progettazione estetica che offre il meglio di quanto si possa chiedere ad un mezzo meccanico, che purtroppo non lascia spazio alla fantasia per apportare modifiche e personalizzazioni migliorative e soprattutto distintive della personalità del pilota.
Quella degli anni 70 era invece una motocicletta che, pur essendo prodotta secondo le disponibilità e le migliori conoscenze tecniche dell’epoca, non faceva in tempo ad arrivare nelle mani di un ragazzo nato tra la fine degli anni 50 e l’inizio del decennio successivo, senza diventare in un battibaleno oggetto di modifiche ed elaborazioni di vario genere.
Tra chi ha vissuto quei tempi è vivo il ricordo delle motociclette da cross appena uscite dal concessionario, sfolgoranti nella bellezza tipica di tutto ciò che è nuovo, che lasciavano ammirare le soluzioni semplici, ordinate ma non sempre funzionali che le caratterizzavano, che diventavano subito oggetto di osservazioni e suggerimenti da parte degli amici, i quali avevano a suo tempo provveduto ad intervenire sulle loro “dueruote”.
Questa prassi era diffusa e praticamente tassativa soprattutto per i piccoli cinquantini, sui quali, a volte, particolari quali il carburatore da 14 mm. e la marmitta originale non resistevano oltre le ventiquattr’ore senza essere sostituiti con un carburatore più grande ed una marmitta ad espansione “bassa” da collocare sotto la culla del telaio della motocicletta.
Proprio quella prima modifica, che si concretizzava con lo smontaggio dell’ingombrante, appariscente e silenziosa marmitta originale con una piccola, sinuosa, seminascosta e rumorosa espansione bassa, diventava il primo particolare su cui si concentrava l’attenzione di chi osservava una motocicletta da motocross. Lo sguardo si concentrava sulla parte dell’espansione che sembrava cercasse di farsi notare apparendo all’improvviso tra gli spazi liberi della parte inferiore del telaio, proiettando verso l’alto lo spillo ed il terminale silenziato quasi sempre trattenuto, come imprigionato, da un staffa realizzata artigianalmente. Quante diverse espansioni basse si potevano vedere in quegli anni, tutte bellissime, tutte diverse l’una dall’altra anche quando erano montate sullo stesso modello di moto, prodotte da nomi di costruttori e artigiani famosi quali Sito, Faccioli, Simonini, Marving, Fresco che suonavano come formule magiche tra i giovanissimi quando sognavano di rendere imbattibili i loro microbolidi.
Poi gli occhi si alzavano per esaminare con attenzione tutte le altre parti della moto, apprezzando senza distrazioni le linee sobrie ma indimenticabili e sempre immediatamente riconoscibili di ogni modello, inconfondibili anche quando ricoperte di polvere e fango sfrecciavano la domenica sui percorsi di gara.
Oggi tutto questo non esiste più, è svanito nel nulla soffocato da forme, colori e particolari che costituiscono le attuali moto da cross e fuoristrada, realizzate al computer, sicuramente perfette rispetto alle loro nonne e bisnonne ma prive di quell’essenza che dava vita ad un mondo unico che, nonostante lo sfarzo degli ambienti agonistici contemporanei di ogni livello, anche amatoriale, fa ogni giorno di più sognare ad un “ritorno al passato”.
Fausto Piombo
