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mercoledì 25 novembre 2015

Cartoline e oggetti dal passato, e non soltanto con l'anima motociclistica.

A quelli come noi, amanti del vintage, piace ogni tanto mettersi a frugare tra i ricordi del passato e quando lo possiamo fare non soltanto scavando nei meandri della nostra memoria ma, con lo spirito dell'esploratore salgariano, tra le cose dimenticate nella nostra soffitta le sorprese sono sempre piacevoli e per un attimo ci sentiamo  come se fossimo appena scesi da una immaginaria macchina del tempo che ci consente di rievocare emozioni ormai dimenticate.

Cartolina pubblicitaria Beta anni 80


Cartolina Beta commemorativa vittoria Mondiale trial 1987

Personalmente, avendo sempre avuto la tendenza a conservare tutto ciò che potevo e che per me aveva un significato particolare,  non mi è raro riesumare vecchi oggetti e documenti dei mitici 70's e 80's come mi è capitato nei giorni scorsi e pertanto voglio condividere queste semplici cose che per me, e sono certo anche per molti di voi che leggerete questo inserto sul mio blog, ravvivano vecchi ma piacevoli ed emozionanti ricordi.

Cartolina Beta primi anni 80 con Renato Chiaberto

 
Un fuoriclasse come Franco Perfini non poteva passare inosservato

Seduto all'interno il mitico Ivan Alborghetti

Chi meglio di un pilota fuoriclasse come Paolo Piron poteva eseguire gli ultimi ritocchi prima del via?

Il Grande, il Superlativo, l'Ineguagliabile, e Simpaticissimo ITALO FORNI

Gruppo "campese" in quel di Sassello




Documenti e oggetti non sono pochi e con calma a poco a poco li inserirò tutti.....

Nulla ha in comune con il fuoristrada ma molti di noi nutrono anche la passione per le mitiche vespa d'epoca. Di seguito alcune immagini scattate nel 2005 al Vesparaduno di Ovada (AL)

L'arrivo in ad Ovada in piazza dei Cappuccini

Un momentodel giro panoramico tra le colline ovadesi


Il Presidente del Vespa Club "Frecce del Turchino" Elio Galbiati" (a sin.) Regolarista, crossista, trialista e collezionista di moto da fuoristrada d'epoca e l'amico Roberto Murgano (a dx), anche lui accomunato da analoghe passioni.






Il mio P200E bianco, compagno negli anni 80 ti tante giornate spensierate.






venerdì 20 novembre 2015

Trial story


La storia del Trial, in equilibrio tra realtà e fantasia 
di Fausto Piombo

Che io sappia non si hanno dettagli precisi che consentano di attribuire una data alla nascita della  più nobile tra le specialità del motociclismo off road, ma si considera che questa specialità che più delle altre  profuma di nobiltà sia nata da una sfida tra tre gentiluomini di Edimburgo nel primo decennio del secolo scorso.

Mi piace immaginare questi tre gentlemen scozzesi appoggiati  al bancone di  uno dei tanti pub di Edimburgo, di fronte ad un boccale di ottima birra, sprecare a turno lodi nei confronti delle rispettive motociclette parcheggiate in bella mostra fuori dal locale.



Li immagino animare progressivamente la discussione fino a lanciare per  scommessa, una sfida in cui confrontare l’affidabilità dei rispettivi motoveicoli su percorsi accidentati e l’abilità di ciascuno di loro nel condurli al traguardo ed anche  la capacità di ripararle in caso di guasti imprevisti.



Considerando che un vero anglosassone difficilmente si sottrae ad una scommessa, penso che il passaggio dalle parole ai fatti potesse essere veramente breve. Con la precisione che contraddistingue i britannici li immagino discutere intensamente per stilare le regole del gioco, compreso il comportamento dei concorrenti che dovevano essere fortemente determinati ma estremamente “britannicamente” corretti.



Vedo anche il luogo in cui si sarebbe svolto il confronto, un percorso lungo e aspro, disseminato da ostacoli naturali superabili, non senza difficoltà, dalle motociclette dell’epoca che certo non erano state progettate per il fuoristrada.



 Mi diverte pensare alla soddisfazione dei partecipanti al termine della sfida, tanto da decidere di ripeterla in altre occasioni, modificando le regole di volta in volta, finché, per davvero,  nel 1914 decisero di aggiornare ulteriormente il regolamento e di organizzare una vera e propria gara aperta a chiunque volesse partecipare.

La prima gara si svolse nell’incantevole brughiera inglese dove fu allestito un percorso lungo una trentina di Km, all’interno del quale vennero definite zone no-stop che dovevano essere percorse senza penalità. Era nato quello che diventerà il trial che tutti ancora oggi conosciamo.



Da quel momento in poi si innescò un processo inarrestabile che coinvolse i mezzi con lo sviluppo tecnico rivolto all’adozione di soluzioni utili alla riduzione del peso dei mezzi, all’aumento dell’altezza della culla del rispettivo telaio dal suolo, alle sospensioni sempre più efficienti, a pneumatici capaci di aderire al suolo e alle superfici viscide, a motori sempre più piccoli e leggeri e al contempo docili ma potenti. La sfida al superamento di ostacoli sempre più impegnativi riguardò anche i piloti, i quali dovettero adeguare continuamente il proprio stile e la tecnica di guida alla continua trasformazione delle motociclette.



In breve tempo, dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale si passò dall’utilizzo di motociclette di serie modificate all’impiego di prototipi allestiti da blasonati costruttori inglesi, quali Ariel, Norton, AJS, Matchless, Triumph, BSA, Greeves e altre, fino a giungere nei primi anni 50 alla costruzione di veicoli progettati appositamente per questa affascinante disciplina motoristica, prodotti in serie per soddisfare la richiesta dei sempre più numerosi appassionati praticanti questo sport, in cui il connubio uomo macchina divenne sempre più importante.

Il primo Campionato Mondiale di Trial fu organizzato nel 1975 e, in quell'edizione inaugurale, la prova italiana fu disputata in Piemonte nel comprensorio del Monte Vandalino nel locale tracciato specifico per il trial. Si trattava di un tracciato naturale articolato su 20 zone e vi si disputò la prima prova italiana in assoluto  del campionato mondiale vinta dal grande Martin Lampkin, che si aggiudicò anche il titolo finale di Campione del mondo.

Lavori in corso....  

venerdì 30 ottobre 2015

Come nacquero le KRAMER


 



Nel variegato panorama delle motociclette che rivestono un interesse storico la Kramer è sicuramente una tra le meno diffuse e note a chi non è proprio ferrato in materia di prodotti vintage.
Proprio per questo motivo ho cercato di raccogliere più informazioni possibili attraverso documenti presenti in rete e su vecchie riviste specializzate, mettendole insieme per rendere un personale omaggio a questo marchio che ha incarnato tra la metà degli anni 70 e l'inizio degli anni 80 la sfida di tutti coloro che più di ogni altra cosa desideravano realizzare un sogno.

Il marchio Kramer nasce in Germania in una piccola località situata a poche decine di chilometri da Francoforte.

In quella cittadina negli anni cinquanta Fritz Kramer gestiva insieme al padre un piccolo centro di vendita e riparazione di moto DKW in quel contesto acquisì notevole esperienza che gli consentì successivamente di realizzare il sogno di molti meccanici, costruire una motocicletta con il proprio nome in bella mostra sul serbatoio.

La crisi economica che negli anni sessanta afflisse il comparto motociclistico anche in Germania costrinse i Kramer a chiudere la concessionaria DKW per riaprire i battenti sei anni dopo con il marchio MAICO.

Nel nuovo contesto grazie all’esperienza ottenuta sul campo poté spingersi oltre la semplice vendita e assistenza delle moto a marchio Maico, offrendo alla sua clientela la possibilità di acquistare quelle stesse moto con miglioramenti tecnici da lui stessi ideati ed apportati.

Proprio agli inizi degli anni settanta, attento alle esigenze dei piloti del momento sempre più esigenti nei confronti della ciclistica e delle sospensioni, Kramer sviluppò un forcellone posteriore con sistema “cantilever” che poteva essere applicato alle Maico in sostituzione di quello originale. I primi modelli di cantilever Kramer erano equipaggiati con 3 ammortizzatori ma presto vennero ridotti a due, realizzando la configurazione definitiva delle future Kramer.

Nel 1976 Kramer decise di presentare una moto con un suo telaio, equipaggiata con motore maico ed altri componenti della nota casa tedesca.

I nuovi telai, prodotti in Francia, non superarono i tests delle prime gare di motocross, e Fritz Kramer per far fronte alla difficile situazione fu costretto a riparare personalmente i danni riportati dai telai subito dopo i weekend agonistici.

Questo lo portò molto vicino a decidere di annullare la produzione di telai e moto, ma poi, ricordando il suo sogno concordò con Maico la possibilità di utilizzare le sue motociclette equipaggiandole con il telaio di sua produzione, questa volta, però, made in Germany.

 Il connubio Maico –Kramer portò subito i suoi risultati ed in molte occasioni i successi arrivarono puntuali.

Purtroppo alla Maico, dove le sue capacità erano fin troppo note, il fatto che le moto costruite da Kramer riscuotessero in alcune occasioni più successo delle blasonate tedesche apparve come una minaccia e i vertici decisero di limitare la fornitura al solo propulsore da 125 cc.
Questa situazione rese necessaria una reazione di Fritz Kramer che decise di cercare un nuovo fornitore di motori con i quali equipaggiare le sue moto.

La ricerca trovò una risposta da parte dell’austriaca Ktm che diede il via libera all’operazione. Ancora una volta la sfortuna ostacolò il tenace Kramer che trovò tra le sue ruote i bastoni di alcuni concessionari tedeschi del marchio Ktm  che fermarono sul nascere la collaborazione tra Kramer e Ktm.

A quel punto fu la Rotax ad offrirsi di consegnare a Kramer i motori necessari ad equipaggiare le sue moto. La nuova collaborazione tra Kramer e Rotax contribuì a migliorare lo sviluppo dei propulsori che beneficiarono della notevole esperienza personale di Fritz Kramer che trovo diverse soluzioni migliorative tra cui l’adozione dei carburatori Bing che diedero già dai primi test risultati positivi rispetto alle configurazioni precedenti.


Le nuove Kramer erano così costituite dai telai realizzati a Laubus-Eschbach equipaggiati con i motori provenienti dalla vicina Austria e da componentistica selezionata tra le migliori marche disponibili in quel momento sul mercato, come le forcelle Marzocchi, gli ammortizzatori tedeschi Bilstein o gli olandesi Koni, mozzi e raggi delle italianissime Grimeca e Alpina mentre per  comandi e manubrio la scelta cadde sulla tedesca Magura.
La prima produzione della nuova linea fu presentata sul mercato nel 1977 e si contraddistinse per le sovrastrutture in materiale plastico prodotte dalla Preston Petty, abbinate ai serbatoi per il carburante realizzati a mano in lega leggera. Questi ultimi furono poi sostituiti con modelli in fibra di vetro e successivamente con quelli più moderni stampati in polyethylene (PE).
L'anno seguente furono fabbricate ben 260 motociclette e, come era già avvenuto l'anno precedente, la maggior parte di esse presero la via dell'esportazione. Nel corso di questo biennio la produzione si concentrò sui modelli 125 e 250 cc, equipaggiati con i motori Rotax a valvola rotante. In seguito Kramer introdusse a catalogo la variante da 370 cc (più tardi trasformata in 406 cc) creata per la classe Open.





Alla fine del 1980 l’impegno risultò premiato con il rilascio dell’agognata omologazione  e la commercializzazione dei modelli GS poté iniziare con la certezza che l’ottimo prodotto avrebbe incontrato l’apprezzamento della clientela a cui veniva offerto e ne fu prova il fatto che ben presto  per soddisfare le richieste del mercato Kramer scelse di organizzare anche in Italia la produzione dei telai per i modelli GS.

Non tardarono ad arrivare nemmeno i risultati dalle competizioni più importanti, nel 1981 il fuoriclasse italiano Alessandro Gritti in sella alla Kramer 250 GS conquista il titolo di Campione Europeo Regolarità di quella categoria (all’epoca non esisteva il campionato mondiale di regolarità e quindi il titolo europeo era il massimo traguardo raggiungibile nella specialità fuoristradistica che in seguito venne denominata “enduro” anche in Italia) e sempre nello stesso anno Gritti portò la sua Kramer a vincere l’ambitissimo Trofeo di quell’indimenticabile edizione ISDE (International Six Days of Enduro) dell’Isola d’Elba. Come spesso accade a chi fa le cose con molta passione anche Kramer fu colpito dalla sorte avversa che rovinò il suo meraviglioso sogno. Tra agosto e settembre del 1981 il mancato pagamento di una partita di motociclette esportate pesò fortemente sul delicato bilancioo dell'azienda tedesca, ancora troppo giovane ed in piena fase di sviluppo.
La Kramer non poté contare su consolidate risorse economiche sufficienti e necessarie a sopportare una perdita così ponderosa e Fritz fu costretto a vendere la fabbrica.
Il mitico costruttore tedesco non si scoraggio e si trasferì in Austria a Gunskirken, un piccolo paese di 5000 abitanti dove aveva la sede proprio la Rotax, ed iniziò a lavorare proprio nel suo reparto corse allo sviluppo dei propulsori.

Fritz Kramer, nato il 13 settembre 1933 ci ha lasciati per sempre il 20 dicembre 2014 ma la menoria del suo lavoro non svanirà mai anche grazie all'opera di molti appassionati di questo mitico e ineguagliabile blasone del motocross e della regolarità mondiale. 

Fonti:

www.kramer-sportmotorrader.de

In seguito, nei primi anni 80 il marchio Kramer acquisisce la cittadinanza italiana ubicandosi ad Arcore e trasformandosi in Kram-It e con questo nuovo logo prosegue la  produzione dei modelli cross e regolarità.
Successivamente la sede del marchio si trasferisce nel bergamasco, precisamente a Gazzaniga, continuando con la realizzazione di modelli cross e regolarità e completando la gamma con gli inediti modelli da 50 cc con motori minarelli tra i quali anche un innovativo trial 50.
Nel 1987 la Kram-It rileva il marchio HRD e alcuni anni dopo entrambi vengono acquisiti dalla Exy Engineering Group di Valmadonna che realizza moto da cross ed enduro nella provincia di Alessandria.

Fonti: 
web




Continua..... 

Galleria immagini

Un bell'esemplare di KRAMIT 250 regolarità con motore Rotax a 5 rapporti del 1984 (propr. Luigi Klatschik)





Un ottimo restauro di un KRAMIT 500 cross (propr. Roberto Beltramo)
Si tratta di un modello cross 1983 che originariamente montava all'avantreno una forcella con attacco ruota disassato e freno a tamburo. Sovente questa moto veniva migliorata sotto il profilo della ciclistica installando, come in questo caso, una più performante Forcella Italia.