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venerdì 6 aprile 2018

La chiamavano Regolarità…

di Fausto Piombo 
 
Fino agli anni 80 quella disciplina sportiva motoristica che oggi va sotto il nome esotico di enduro era conosciuta in Italia come “regolarità”.
Uno sport che vedeva coinvolto il binomio uomo-motocicletta come forse in nessun’altra specialità motoristica.
Parente stretta del motocross la regolarità differiva da quest’ultimo nel modo in cui si svolgevano le competizioni che avevano quale teatro ampi spazi aperti anziché essere confinate in circuiti e il vincitore non era chi tagliava per primo il traguardo dopo un certo numero di giri, bensì chi riusciva ad avere la miglior somma di punti o minor totale di penalità al termine di diverse prove letteralmente massacranti.
La regolarità era considerata il “tutto compreso”, la prova del fuoco che forgiava veri piloti. Le gare di regolarità prevedevano infatti prove speciali di vario tipo, dalla prova di accelerazione alla prova cronometrata su percorso e terreno misto fino alla prova speciale di motocross su un tipico tracciato.
La prova regina della specialità, considerata la vera Olimpiade motociclistica, era e resta la Six Days (ISDE – International Six Days Enduro ), una vera e propria selezione dei migliori piloti e mezzi da fuoristrada a due ruote al termine della quale viene assegnato il titolo di Campione del Mondo Enduro a squadre Nazionali.

Questo è l’enduro ed in Italia, da chi come me ha vissuto i gloriosi giorni del genuino fuoristrada motociclistico ai tempi in cui lo spirito di chi lo praticava era rimasto quello delle origini, viene ancora indicato come Regolarità.
Un ottimo filmato d’epoca racconta in modo piacevole la realtà di questo affascinante sport motociclistico ai tempi in cui “Lo chiamavano regolarità”